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DISFUNZIONI CRANIO CERVICO MANDIBOLARI (DCCM) E DISFUNZIONI TEMPORO-MANDIBOLARI (DTM)
Con DCCM s’intende un disturbo del sistema masticatorio la cui origine parte dalla sofferenza della muscolatura masticatoria e/o dell’ATM

Questo quadro sintomatologico viene diagnosticato e riconosciuto non tanto per la sua patogenesi o per la sua eziologia ma per la sintomatologia che fa da guida alla nostra diagnosi. Non esiste un rapporto diretto tra sintomi guida e DCCM, infatti, la sintomatologia non è patognomonica del disturbo poiché altre patologie possono presentare gli stessi sintomi. Attualmente le DCCM vengono classificate utilizzando come criterio descrittivo la para-fisiologia. Abbiamo, quindi, quelle dovute a disturbi muscolari, a discopatie, artrosi e problematiche del rachide cervicale. I segni della DCCM si riscontrano con una scarsa prevalenza già in soggetti in età pediatrica (3-6 anni) per poi aumentare rapidamente fino ad avere negli adolescenti la stessa frequenza rilevata nei soggetti adulti.

Prima di parlare di eziologia vanno rilevati tre dati.

  • Le DCCM non possono essere ricondotte a una sola causa.
    Infatti, sono molteplici i fattori che interagiscono e hanno effetto sulle strutture dell’apparato stomatognatico.
  • Il dolore è determinato da una complessa e dinamica interazione tra fattori meccanici, biologici e psicoemotivi.
  • Con buona probabilità, in meno del 20% dei casi il dolore diventa cronico.

Il problema principale da risolvere nella clinica, non è stabilire quale sia il fattore responsabile della DCCM, ma determinare in quale misura i diversi fattori concorrono nell’eziologia. La conoscenza di questi fattori è determinante nella scelta terapeutica.

I ricercatori hanno provato invano di individuare i fattori eziologici. La maggior parte di quelli proposti sono stati spiegati sulla base di dati statisticamente significativi. Purtroppo la presenza di un valore statisticamente  significativo non implica che ci sia un rapporto diretto causa-effetto. Quindi non conoscendo precisamente quali siano le cause della DCCM si parla di fattori: predisponenti, scatenanti, perpetuanti o condizionanti

Si può dire che i fattori predisponenti vanno intesi come suscettibilità tissutale alla comparsa della patologia. Sono quelli che aumentano il rischio di insorgenza di una DCCM e vengono divisi a loro volta in sistemici, strutturali e psicoemotivi.
 Il fattore predisponente può estrinsecarsi su base genetica o acquisita.
Su base genetica: esplica la sua azione a livello cellulare e può interessare la componente neuromuscolare, i legamenti, la struttura ossea.

Su base acquisita:
Aspetti traumatici locali: vanno oggettivati in pregresse fratture delle ossa mascellari, in particolari del condilo mandibolare e in lacerazioni dei legamenti articolari, della capsula, dei muscoli.
Aspetti traumatici sistemici: in questo ambito vanno inseriti tutti i traumatismi che interessano l’apparato scheletrico e che determinano un’alterazione permanente, diretta o indiretta, dell’atteggiamento posturale con tutte le secondarie ripercussioni sulla postura di testa e collo.
Alterate afferenze sensoriali: ogni recettore periferico è importante per definire e gestire la funzione posturale. Ogni alterazione temporanea o permanente di recettori sensitivi, visivi, uditivi, propriocettivi, tattili ecc, può determinare variazioni temporanee o permanenti della posizione cefalica che si ripercuote sull’articolazione atlantoccipitale e atloassiale e comportare alla lunga una vera e propria forma di “torcicollo” per contrattura più o meno permanente dello SCM.
Odontalgie e relativi dolori riflessi: tutte le patologie dentali che determinano un’alterata funzione dell’apparato stomatognatico. Sono particolarmente da sottolineare le inversioni alveolari, lo stato torsionale della mandibola a seguito di perdita della dimensione verticale occlusale posteriore unilaterale o bilaterale.
Gli aspetti carenziali vanno ricercati, in particolare, nella composizione della dieta, nelle deficienze vitaminiche, nella ipocalcemia e nella ipopotassiemia.

L’avitaminosi C provoca nell’uomo lo scorbuto. Il massetere è il muscolo che evidenzia la più alta suscettibilità alla carenza della vitamina C. Nonostante oggi lo scorbuto sia completamente scomparso, pur tuttavia una carenza sub-clinica della vitamina C può ugualmente alterare la normale attività muscolare. La carenza della vitamina D altera l’equilibrio calcio-fosforo. Un mancato apporto della vitamina D, pertanto, può interferire indirettamente sulla funzionalità muscolare a seguito del ridotto assorbimento intestinale del calcio. La carenza della vitamina B6 si estrinseca interferendo con l’attività fosforilasica. Le fosforilasi sono deputate alla produzione di energia nell’attività metabolica cellulare e, soprattutto, nella contrazione muscolare. La carenza di potassio può fungere da fattore predisponente a seguito delle strette correlazioni tra normo potassiemia ed attività neuromuscolare. L’ipocalcemia  influenza i meccanismi che governano la funzione neuromuscolare e rappresenta un fattore predisponente di alto rischio nella genesi della DCCM. La carenza estrogenica svolge un ruolo sfavorevole attraverso uno stato di sofferenza muscolare ed un rallentamento dell’attività osteoblastica. Può comportare l’insorgenza di una sintomatologia stomatognatica sia per compromissione della funzionalità muscolare, sia per carenza del substrato proteico fibrillare della ossa mascellari.

Nell’ambito delle disendocrinie sono da considerare quali fattori predisponenti gli stati di iper e ipoparatiroidismo, di iper ed ipotiroidismo ed alcuni ipercorticalismi surrenali.
I fattori scatenanti correlabili alle parafunzioni dell’apparato stomatognatico (bruxismo e serramento) che determinano un precipitare di quadri clinici e sintomatici precedentemente latenti. L’apparato stomatognatico è stato progettato per entrare in funzione a pieno regime, (ovvero in massimo contatto), solo alcuni minuti nel corso delle 24 ore, questo avviene durante la masticazione e durante gli atti deglutitori.  Pertanto una parafunzione che si protrae per lunghi periodi o che sviluppa carichi abnormi anche per tempi brevi, può determinare un quadro patologico anche su apparati stomatognatici pressoché sani.
I fattori perpetuanti o condizionanti, vengono correlati con la soglia di adattabilità individuale e sono da ricercare nella sfera psicoemotiva e strutturale. Gli influssi esterni vengono elaborati dai sistemi con l’adattamento progressivo (gestito dal tessuto connettivo) o la compensazione (gestito dal sistema muscolare). Fino a quando un sistema non si trova in uno stadio di adattamento o di compensazione può essere difficile anamnesticamente rilevare segni e sintomi evidenti.  Quando la sollecitazione supera la capacità del sistema di adattarsi, si arriva all’adattamento regressivo o allo scompenso, che si manifesta con alterazioni formali distruttive e sintomatologiche. Un paziente sintomatico che si presenta alla nostra osservazione ha spesso esauriti tutti i meccanismi di adattamento e di compensazione.

E’ un errore, comunque, cercare sempre di far rientrare i diversi fattori in una determinata categoria perché un fattore che scatena la DCCM in un paziente, può non determinare nulla in un altro soggetto o diventare un fattore perpetuante in un altro ancora.

Dolori odontogeni

Numerose afferenze nocicettive provenienti da diversi distretti, vascolari, cutanei, pulpari, muscolari o di altro tipo, convergono nei nuclei sensitivi trigeminali: ciò spiega come i dolori provenienti da queste strutture siano difficilmente localizzabili e possano essere anche a settori lontani. Patologie acute o croniche della polpa dentale o del parodonto, possono causare dolori cefalgici e facciali e viceversa, cefalee e dolori facciali possono anche celare odontalgie.

Mioartropatie e malattie reumatiche

Citiamo semplicemente, senza approfondire, le diverse patologie degenerative dei capi articolari che possono avere ripercussioni a livello dell’apparato stomatognatico:

-malattie statico-degenerative che possono interessare direttamente l’ATM ma anche il rachide cervicale.

-sindromi localizzate e/o generalizzate dei tessuti molli.

Queste forme patologiche vengono anche chiamate periartropatie e possono coinvolgere le diverse strutture attorno alle articolazioni (tendinomiosi, borsopatie, legamentosi ecc.)

Fibromialgia, questa patologia colpisce soprattutto le donne . E’ una sindrome dolorosa generalizzata, localizzata ad almeno tre regioni corporee e a carico dei tessuti molli, con la presenza di tipici punti dolorosi alle inserzioni tendinee dell’intero apparato locomotore.

Malattie reumatico-infiammatorie

– Poliartrite cronica, l’interessamento delle ATM si ha nel 50% dei casi e compare , abitualmente , in uno stadio avanzato della malattia. Può portare ad una completa distruzione delle ATM con l’insorgenza di un morso aperto.

– Poliartrite cronica giovanile, si distinguono tre forme : una forma sistemica, una forma a decorso poliarticolare e una forma con interessamento oligoarticolare.

– Arterite temporale, è una vasculite a cellule giganti che colpisce prevalentemente le arterie di calibro medio, soprattutto del distretto craniale e i vasi arteriosi degli arti superiori negli individui tra i 60 e i 75 anni di età.

Artropatie spondilari sieronegative, la forma più frequente di queste patologie è la spondilite anchilosante. Si tratta di una malattia reumatico infiammatoria con decorso cronico che inizia tra i 15 e i 40 anni.

Anche l’Artropatia psoriasica e le artriti reattive rientrano tra le artropatie sieronegative.

– Collagenosi, tra cui il lupus erythematosus che può portare attraverso interessamento flogistico dell’ATM a disturbi della masticazione in seguito ad artropatia distruttiva.

Degna di nota è anche la sclerosi sistemica che attraverso una progressiva fibrosi dei tessuti sottocutanei e di altre strutture collagene può provocare una progressiva limitazione dell’apertura della bocca.

 

Cefalee

– Emicrania, questa sindrome dolorosa è caratterizzata da attacchi molto intensi di dolore accompagnati da almeno uno di questi sintomi: nausea, foto e fonofobia, ipersensibilità agli odori e periodicità.  Associati a unilateralità a pulsatilità, aggravamento durante lo sforzo fisico.

I dolori possono localizzarsi parzialmente o totalmente al viso, ai denti o alla mandibola. In questi casi i dolori possono essere confusi con una nevralgia del trigemino o con vere e proprie odontalgie che possono indurre ad avulsioni dentali ingiustificate e inutili.

– Cefalea a grappolo è caratterizzata da uno o molti attacchi in 48 ore con durata che varia dai 15 ai 180 minuti. Gli attacchi si presentano raggruppati e spesso si ripresentano con cadenza regolare, anche con intervalli di mesi o anni.

Cefalea cronica parossistica ha caratteristiche similari alla cefalea a grappolo ma con durata più breve dai 2 ai 45 minuti. Spesso la diagnosi differenziale rispetto alle altre cefalee viene confermata dalla risposta positiva alla somministrazione di indometacina.

Nevralgie

– Nevralgia idiopatica del trigemino, questa nevralgia che abitualmente è unilaterale, può coinvolgere uno o più rami del trigemino. La sintomatologia dolorosa è contraddistinta da attacchi algici lancinanti e parossistici di breve durata (da secondi a minuti). Il dolore è lancinante e descritto come se fosse provocato da scosse elettriche e inizia e termina repentinamente.

Nevralgia del glossofaringeo il dolore è localizzato all’orecchio, alla base della lingua, alla fossa tonsillare o  posteriormente all’angolo della mandibola ed è abitualmente scatenato dalla deglutizione, dalla tosse e dal parlare.

Altre nevralgie interessano il nervo intermedio, il nervo laringeo superiore, la nevralgia occipitale .

Per la diagnosi differenziale di cefalea o di nevralgia è determinante l’anamnesi in quanto mancano segni neurologici. E’ importante una corretta descrizione del dolore: durata, andamento, frequenza, sede, segni premonitori, periodi di tregua.

Distinzione tra DTM e DCCM

Bisogna innanzitutto distinguere tra Disfunzioni Temporo-Mandibolari DTM e Disfunzioni Cranio-Cervico-Mandibolari DCCM. Possiamo dire, sulle due tipologie di Disfunzioni, che il quadro sintomatologico (nel lungo periodo ) può essere pressoché sovrapponibile.

Problematiche auricolari che comportano: Comparsa di dolore in sede otogena. Senso di pienezza del canale auricolare. Ronzii. Diminuzione dell’udito. Vertigini

Problematiche posturali: che si distinguono in problematiche ascendenti o discendenti a seconda che la causa primaria (ascendente) derivi dal rachide (ed insieme ad esso problemi viscerali, intolleranze alimentari, esiti traumatici, cicatrici muscolari o cutanee e tutto ciò che possa influire sull’atteggiamento  posturale  del paziente). Oppure derivi da problematiche occlusali-masticazione (discendente) dove sia possibile riscontrare una alterata masticazione, assenza di denti, latero deviazioni mandibolari, trattamenti odontoiatrici incongrui.

Problemi discali: Click  dell’articolazione-temporo-mandibolare  (ATM) o incoordinazione condilo-meniscale che possono essere l’effetto sia di una problematica masticatoria che di un’alterata postura di testa e collo.

Problemi relativi all’alterata mobilità mandibolare: Si manifestano in seguito alla comparsa di una latero-deviazione mandibolare, nella fase di apertura della bocca, verso il lato dell’ATM  lesa. Non è raro il riscontro di una riduzione notevole del grado di apertura della bocca, fino, talvolta, al blocco completo delle ATM.

Problemi relativi ad alterata postura cervicale: Compenso alla posizione spaziale abnorme che la mandibola assume, sia in posizione di riposo che durante l’attività funzionale. Questo comporta tensioni muscolari a livello del rachide cervicale e dei muscoli masticatori  con comparsa di quadro sintomatologico variabile  semplicisticamente catalogato come cefalea muscolo tensiva.

Per rendere l’argomento più fruibile, bisogna distinguere tra DTM che possono presentare uno o più dei quadri sintomatologici sopracitati, dove la causa primaria del problema è di origine occlusale-masticatoria e dove l’odontoiatra, con le sue conoscenze universitarie, può risolvere il problema riabilitando la masticazione del paziente passando prima dall’uso di un bite.

Le DCCM, invece, pur mostrando lo stesso quadro sintomatologico, presentano problematiche “primarie” o “ascendenti”  dove la bocca e la masticazione non c’entrano nulla con il sintomo. Anche in questo caso è possibile dare un aiuto al paziente con un bite, ma i concetti occlusali vengono stravolti e lo stesso bite che va bene nel paziente con DTM può essere incongruo in un paziente con DCCM.

Statisticamente osservando la letteratura, i pazienti che presentano un quadro di DTM sono circa il 30% mentre coloro che presentano un quadro di DCCM sono circa il 70%. Questo spiega perché il bite spesso non funziona o non sortisce l’effetto desiderato.

Bisogna inoltre affermare con forza che solo nei casi con DTM l’odontoiatra, una volta risolto il problema con l’uso del bite può, in seguito,  finalizzare la masticazione con trattamento ortodontico, protesico o rialzi occlusali. Nei pazienti con DCCM è assolutamente controindicato finalizzare l’occlusione-masticazione  e il bite va portato solo la notte.

Cenni sulla patogenesi

Cosa può determinare la DCCM

Problemi discali: un click articolare, un’incoordinazione condilo meniscale possono essere l’effetto sia di una problematica occlusale che di una alterata postura di testa e collo.
Problemi muscolari: la patogenesi è su base tensivo-miogena.
La sintomatologia clinica trova la sua spiegazione nello spasmo muscolare.
Lo spasmo muscolare è l’estrinsecazione della dinamica propriocettiva alterata ed in seguito della incoordinazione muscolare che lo stato disgnatico, primariamente o secondariamente, comporta.
Il tono di base alterato comporta l’instaurarsi di una sofferenza muscolare, che passando dallo splinting muscolare può arrivare sino alla comparsa dello spasmo per poi evolvere verso la comparsa di “trigger points”. La sintomatologia clinica trova la sua spiegazione nello spasmo muscolare.
Qui di seguito elenchiamo a titolo esemplificativo solo alcune mappe algiche riferite alla sofferenza di muscoli specifici:

Fig.6.1
dolore riferito in seguito a sofferenza dei muscoli spleni del collo

Fig.6.2
dolore riferito per sofferenza dei muscoli suboccipitali, la X indica la localizzazione dei relativi T.P.S

Fig.6.3
la X indica la sede dei T.P.s del muscolo PTE capo superiore e inferiore, in rosso il relativo dolore riferito.

Fig.6.4
la X indica le sedi dei relativi T.P.s, in A la localizzazione dei muscoli, in B il muscolo multifido e relative zone dolenti, in C il muscolo semispinale del collo e relativi dolori riferiti, in D muscolo semispinale del capo e r.d.r.

Problemi relativi ad alterata postura cervicale
L’alterata postura cervicale va interpretata quale compenso alla posizione spaziale abnorme che la mandibola assume sia in posizione di riposo che durante l’attività funzionale . Bisogna inoltre considerare che l’alterata postura cervicale può essere adattativa a qualsiasi patologia persistente che turbi la dinamica vertebrale a valle (dismetria degli arti inferiori, squilibri pelvici, disturbi ortottici, ecc.). Il rachide cervicale si divide in due parti; una parte superiore costituita dalle prime tre vertebre, che permettono più movimenti di rotazione che di inclinazione laterale. Queste sono legate al ruolo fondamentale di mantenere l’orizzontalizzazione dello sguardo e di equilibrare la testa sul resto del rachide. La parte inferiore ha la possibilità di compiere l’intera gamma di movimenti con una prevalenza di quelli di flessione anteriore e d’inclinazione laterale. I movimenti del rachide cervicale inferiore dipendono sempre da quelli del tratto superiore che riveste comunque un ruolo di comando. Vale la pena ricordare come la compressione dello spazio occipito-atlantoideo possa portare a deformazione e/o disfunzione dei fori giugulari e dei fori laceri della base cranica. Attraverso il foro giugulare passa la vena giugulare e i nervi cranici: accessorio (XI), vago (X) e glossofaringeo (IX). Una disfunzione di tali nervi può determinare alterazioni del riflesso faringeo, della sensibilità gustativa del terzo posteriore della lingua, difficoltà nella deglutizione, aritmie cardiache, disturbi della digestione legati a distonie vagali. Inoltre si possono avere anomalie del tono muscolare di SCM, trapezio e conseguentemente dei muscoli PTI e PTE.
Il foro lacero è strettamente collegato al nervo grande petroso superficiale, che influenza l’apporto sanguigno ai lobi occipitali del telencefalo (il cui deficit può provocare disturbi visivi) e alla tuba uditiva di Eustachio (con possibili disturbi otovestibolari).
Attraverso l’atlante e l’epistrofeo passa l’arteria vertebrale che a questo livello compie due curve terminali prima di convergere e fondersi con il ramo controlaterale nel tronco basilare. Un segno patognomonico di deficit della portata dell’arteria vertebrale, causato da malposizione dell’atlante rispetto all’osso occipitale, è una diminuzione della convergenza tonica oculare associata ad exoforia, che comporta astenia accomodativa con possibilità di diplopia transitoria in seguito al deficit d’irrorazione della formazione reticolare bulbare. Se la postura cervicale permane alterata nel tempo, essa può comportare l’instaurarsi di lesioni degenerative con conseguente comparsa di una sintomatologia algica, che può simulare l’artrosi cervicale.

Problematiche posturali: bisogna distinguere tra problematiche ascendenti e discendenti. Bisogna distinguere tra soggetti ipotonici e ipertonici. Bisogna distinguere tra soggetti traumatizzati e non traumatizzati. Bisogna distinguere tra soggetti che svolgono prevalentemente attività statica e sedentaria e soggetti che svolgono prevalentemente attività dinamica e motoria. Come si può vedere le variabili sono molteplici e individuali. Pertanto ci si può trovare davanti ad un paziente, che in seguito alla sua attività lavorativa “dinamica”, presenta dolore persistente ad un piede per colpa di una latero deviazione mandibolare. Oppure ci si può trovare davanti ad un paziente, che svolge attività prevalentemente “sedentaria”, con quadro clinico e sintomatologico di DCCM per colpa di un’ernia lombare pregressa. – Problematiche auricolari: i sintomi auricolari comportano comparsa di dolore in sede otogeno, senso di pienezza del canale auricolare, ronzii, diminuzione dell’udito, vertigini. Il dolore otogeno è localizzato in sede profonda, con irradiazioni per lo più verso il muscolo sternocleidomastoideo, talvolta verso la regione nucale o verso la regione mastoidea. La sintomatologia otogena è dipendente dallo stato di spasmo che, nel corso della DCCM, si instaura anche a carico dei muscoli tensore del palato e tensore del timpano.

Fattore tempo
Durante la valutazione dei pazienti, portatori di problematiche cranio-cervico-mandibolari, è importante saper definire, attraverso l’anamnesi, i tempi e le modalità di comparsa della noxa patogena, affinché ci si possa orientare verso la causa scatenante evitando di concentrarsi solo sugli effetti.

Cenni sulla terapia
La terapia può essere causale o sintomatica.
La terapia causale viene utilizzata in genere per le malattie acute. La condizione del malato cronico viene affrontata con diversi approcci terapeutici che per essere efficaci non devono limitarsi a ridurre i sintomi della malattia ma devono apportare un miglioramento generale nella vita del paziente.
Poiché nelle DCCM:
-alcune patologie non sono curabili, come l’artrosi e alcune forme di discopatia,
– i fattori stressanti sono spesso la causa del perpetuarsi della problematica,
– l’eziologia è spesso complessa e i fattori eziologici sono di difficile individuazione,
– la patofisiologia può apparire poco chiara,
ne consegue che l’approccio terapeutico sintomatico appare il più indicato nei soggetti con problematiche di tipo cronico.

Le possibili modalità terapeutiche:

Il medico deve motivare il paziente a riconoscere le proprie abitudini orali errate e a metterle in relazione a condizioni di vita specifiche. Per poi poter evitare le parafunzioni e imparare un comportamento positivo. La terapia del rilassamento è particolarmente indicata quando si voglia insegnare al paziente un miglior controllo dell’attività neuro-muscolare e una migliore postura mandibolare. Tale terapia può essere utile per indirizzare il paziente a psicoterapia.

Gli obiettivi principali di questo approccio terapeutico sono l’analgesia, l’eliminazione o la riduzione dell’infiammazione e, se necessario, la diminuzione del tono muscolare o della iperattività muscolare.
Per raggiungere questi obiettivi sono utili quattro tipi di farmaci:
– Analgesici;
– Antireumatici;
– Miorilassanti;
– Antidepressivi.
Ognuna di queste famiglie di farmaci ha delle indicazioni specifiche e il loro uso va differenziato in base al quadro clinico e sintomatologico del paziente. Prima di prescrivere dei farmaci, vanno valutati criticamente i vantaggi della terapia farmacologica rapportandoli agli effetti collaterali negativi. Bisogna inoltre considerare che una eventuale terapia farmacologica non può essere protratta per tempi troppo lunghi.

La terapia con placca occlusale o bite plane

Le misure fisioterapiche non sono da considerarsi terapie secondarie, ma sono parte integrante del piano terapeutico globale.
Gli obiettivi del trattamento fisioterapico sono:
– Controllo del dolore;
– Diminuzione del tono e allungamento dei muscoli accorciati;
– Mobilizzazione delle articolazioni ipomobili.

Questi risultati vengono raggiunti attraverso:
– Massaggi;
– Esercizi di stretching;
– Esercizi di stabilizzazione e di coordinazione;
– Esercizi di mobilizzazione.

L’ampio impiego clinico della fisioterapia nella cura dei disturbi muscolo-scheletrici è adottato sulla base dell’esperienza clinica e di studi imperniati sul resoconto di casi (case report). La fisioterapia senza un approccio osteopatico non garantisce una persistenza, nel tempo, dei benefici raggiunti.

Nelle artropatie delle ATM in stadio avanzato (artrosi gravi, dislocazioni anteriori del disco permanenti con dolore, aderenze), non sempre si riesce ad ottenere risultati positivi con le terapie conservative citate. In questi casi la chirurgia può essere considerata un trattamento possibile, ma non necessario.
I pazienti hanno spesso aspettative eccessive dall’intervento chirurgico; per questo vanno informati del fatto che non è possibile ottenere una restitutio ad integrum e che a volte la sintomatologia non viene eliminata completamente.
La chirurgia può solo migliorare la sintomatologia tanto da non compromettere più la vita quotidiana. Più che la terapia a cielo aperto è consigliabile una chirurgia più conservativa come l’artroscopia e l’artrocentesi che danno meno esiti cicatriziali ed hanno un’incidenza alquanto bassa di perdita temporanea delle innervazioni trigeminale e facciale.

Lo studio delle patologie delle ATM è utile per meglio comprendere come la loro alterazione funzionale possa essere causata da numerosi fattori che spesso sono riconoscibili da segni clinici evidenti, ma altrettanto spesso risultano essere completamente privi di segni e sintomi tangibili. La Vicinanza oggettiva che abbiamo tra l’area dell’articolazione temporo mandibolare, meato acustico esterno e incisura petro-timpanica, oltre le connessioni muscolari e ligamentose, fanno ben comprendere come delle disfunzioni strutturali, funzionali o metaboliche delle ATM, possano comportare sintomatologie riconducibili a patologie di interesse ORL. Otalgie, acufeni, vertigini che non abbiano una causa specifica identificabile dall’otorinolaringoiatra, richiedono una valutazione diagnostica differenziale attraverso uno studio gnatologico o osteopatico.
Allo stesso modo, le disfunzioni dell’apparato stomatognatico, possono causare un sovraccarico dell’attività muscolare masticatoria, prima, e successivamente strutturare dei compensi su sistemi neuro-muscolari limitrofi che potrebbero comportare alterazioni a sistemi importanti per l’equilibrio posturale come ad esempio, il cranio, il rachide o gli occhi.
Lo scopo dell’interdisciplinarità sta proprio nell’interagire, laddove servisse, per eseguire diagnosi sempre più precise delle cause delle patologie con le quali ci confrontiamo, piuttosto che limitare la cura agli effetti, contribuendo in questo modo a un equilibrio funzionale che possa rendere ai nostri pazienti una prognosi stabile e duratura.

Attività fisio-patologica della muscolatura masticatoria

Come la bocca funziona e si correla con le problematiche posturali e le DCCM

Neuro-muscolatura

L’azione muscolare è la sorgente della forza di tutto il sistema muscolo-scheletrico. Il movimento, la postura, la stabilità, o il movimento sotto sforzo, sono determinati dalla muscolatura scheletrica che è comandata da impulsi efferenti derivati dal sistema nervoso centrale. Tali azioni, per essere coordinate, necessitano di informazioni afferenti che partono dai muscoli stessi o da altre strutture periferiche e giungono al S.N.C., dove ha luogo l’elaborazione; in seguito vengono di nuovo inviate alla periferia sotto forma di impulsi ai muscoli stessi. Poiché gran parte della patologia occlusale viene determinata dall’azione esagerata o non armonica o sbilanciata della muscolatura, è necessaria qualche conoscenza della struttura e del comportamento dei muscoli per potere, di volta in volta, prevederne la patologia o curarla se è presente.

Riflesso nocicettivo

Tale riflesso viene messo in atto quando si verifica un improvviso, inaspettato stimolo doloroso in una parte del corpo; i muscoli allora automaticamente reagiscono per provocare la ritirata dalla sorgente dell’impulso doloroso. È considerato un meccanismo di protezione che minimizza il danno. Messo in relazione con la muscolatura masticatoria spiega il riflesso di apertura della mandibola. Nell’occlusione, esempio simile di un riflesso condizionato è la chiusura della mandibola in una occlusione abituale patologica dopo l’introduzione di interferenze devianti tramite l’applicazione di una protesi fissa. (fig. 7.36). Dopo la prima chiusura sul precontatto e la relativa esperienza dolorosa, il paziente impara un nuovo tragitto di chiusura che poi diventa abituale e che gli permette la funzione migliore compatibile con la situazione. È chiaro che, perdurando a lungo tale stato, possono insorgere anche gravi disturbi. La muscolatura in questi casi viene programmata dal sistema neuro-muscolare che permette solo certi tipi di movimento che portano direttamente al contatto occlusale desiderato. Tali tipi di programmi di movimento sono chiamati “engrammi muscolari”. Gli engrammi muscolari possono essere cambiati se vengono instaurate condizioni più favorevoli. Per esempio nel caso di un molaggio selettivo che elimina una occlusione patologica creandone una fisiologica. 

Fig. 7.36
Esempio dell’instaurazione di un riflesso nocicettivo di difesa. Davanti ad un grosso precontatto, la mandibola è costretta a compiere uno scivolamento per poter raggiungere la massima intercuspidazione dentale. Per evitare questo precontatto, i muscoli sviluppano una via di chiusura deviata.

Posizione di riposo della mandibola

E’ molto importante tenere presente che la posizione di riposo della mandibola è influenzata dai cambiamenti di postura della testa. Questo si verifica perché la posizione di riposo della mandibola è il risultato tra la coordinazione dei muscoli cervicali posteriori e i muscoli che giacciono anteriormente alla colonna cervicale e che sono usati per la respirazione, deglutizione e fonazione. Se una cattiva posizione posturale della testa sul collo crea uno squilibrio muscolo scheletrico, la posizione di riposo della mandibola potrà cambiare. Diversi studi hanno dimostrato che procedure di terapia fisica, praticate per migliorare la postura di testa e collo, aumentano la dimensione verticale di riposo con contemporanea minore retrusione mandibolare. Questo fatto si verifica in pazienti che presentano una postura anteriorizzata della testa con contrattura dei muscoli cervicali posteriori. Questa contrattura ha la funzione di riportare la linea della visione parallela al terreno. L’inclinazione posteriore del capo genera e determina un allungamento dei muscoli sottomandibolari che tenderanno a retrudere la mandibola. Tutto ciò deve essere preso in considerazione quando l’odontoiatra effettua restauri protesici su individui sofferenti per problematiche posturali di testa e collo.

EFFETTI DELL’OCCLUSIONE NEL SISTEMA POSTURALE ED EFFETTI DELLA POSTURA NELL’OCCLUSIONE

Le modifiche intervenute nel corso dell’evoluzione permettono  una  postura eretta che non ci costa enormi energie muscolari (anche se questo ci rende probabilmente l’animale con minori prestazioni fisiche), il carico ponderale viene assorbito dalle ossa con la mediazione di dischi articolari e di menischi. Il modo di reagire del nostro organismo alla forza di gravità, o postura, è fisiologico quando gli organi preposti al carico ponderale sono in grado di distribuire il peso con minimo lavoro muscolare e ridotta sollecitazione dei legamenti. Tale controllo posturale è neurologico e vi sono diversi organi preposti allo scopo: vestiboli, bulbi oculari, pianta dei piedi, recettori parodontali, fusi neuromuscolari ecc.

Da un punto di vista meccanico il nostro organismo risponde a due  necessità:
– solidità per combattere la gravità e proteggere l’asse cerebrospinale
– mobilità per la vita di relazione e la vita in assoluto.
La solidità è appannaggio di tre comparti rigidi (cranio, torace, bacino) che hanno una imponente struttura ossea e che rappresentano dei contenitori ideali per proteggere i nostri organi interni (cervello, polmoni/cuore/fegato/ reni e organi genitali), ed hanno tutti e tre arti appesi (mandibola, braccia, gambe). Formano le curve cifotiche della colonna vertebrale (cranica, dorsale, pelvica) e sono collegate fra di loro dalle due lordosi cervicale e lombare.

La mobilità è invece appannaggio di queste due curve lordosiche che raccordano tra loro le tre sfere rigide. La lordosi lombare è quella che ci differenzia tra tutti gli altri animali: è stata determinante per il passaggio alla postura eretta. Gli altri primati (scimpanzé, gorilla ecc.) ne  sono privi.

Cifosi e lordosi sono collegate tramite due sistemi (muscolari e fasciali) responsabili della statica e della dinamica:

  1. un sistema diretto anteriore, mediano, che collega il cranio allo sterno e poi fino al pube: la sua attivazione avvicina il cranio al pube, è cioè responsabile del movimento di flessione
  2. un sistema diretto posteriore che collega il cranio al coccige: la sua attivazione allontana il cranio dal pube, è responsabile del  movimento di  estensione (Fig.7.80).

Se i sistemi diretti sono in equilibrio, avremo una stazione eretta equilibrata, quindi con un minore dispendio energetico. Altrimenti avremo una prevalenza del sistema posteriore con un atteggiamento in estensione oppure di quello anteriore con  un  atteggiamento in flessione.
Ogni individuo elabora una sua strategia posturale e la predominanza di flessione o estensione sarà legata a componenti di origine costituzionale, embriologica, ereditaria, e a fattori comunque influenti, come le esigenze respiratorie ecc. Quanto detto finora si riferisce però ad una situazione di statica.

Fig. 7.80 – Schema rappresentativo del sistema
La dinamica del corpo umano necessita anche di due sistemi muscolari obliqui che servono a collegare in senso trasversale, anteriormente e posteriormente, i due sistemi diretti e denominati:
A: sistema crociato anteriore
B: sistema crociato posteriore

Fig.7.81

Compito dei sistemi crociati è garantire la coordinazione negli spostamenti
Fig.7.81 – Schema rappresentativo dei sistemi
diretto anteriore e diretto posteriore crociato anteriore e crociato posteriore

L’attivazione di questi due sistemi permette al nostro organismo di avere una fine regolazione sia della statica sia del movimento consentendoci così di mantenere un assetto posturale corretto, cioè nel miglior rapporto possibile di equilibrio, economia e confort. La risultante dell’attivazione di questi sistemi muscolari e fasciali sarà un movimento con una fisionomia elicoidale: cioè nel camminare, caricheremo l’appoggio su un arto e lo scaricheremo contemporaneamente dall’altro, modificando il baricentro del corpo e quindi consentendo un riadattamento dei vari settori del corpo, facilmente evidenziabile a livello di bacino, spalle e mandibola come un disallineamento (Fig.7.82).

Fig. 7.82
Postura durante il cammino

Studio della postura fisiologica

Per una lettura del profilo, il paziente  deve essere posizionato con il malleolo esterno 1 cm indietro rispetto al filo a piombo; in tale posizione la fisiologia del profilo vede allineati sul filo a piombo: ginocchio, asse del femore, articolazione coxo-femorale, gomito, spalla  e meato acustico esterno. L3 e C3 dovrebbero idealmente trovarsi allineati sul filo a piombo. La linea tangente alla testa risulta in fisiologia parallela al piano di Francoforte e al piano terra (Fig.7.83).

Osservazione nella postura latero-laterale:
1)testa:
– con meato acustico esterno sul filo a piombo,
– testa spostata in avanti per flessione della cervicale alta
– testa spostata in avanti per flessione della cervicale bassa
2) bacino: L3 sul filo a piombo anteverso o retroverso
3) ginocchia: sul filo a piombo iperestese o flesse
4) piedi: normo, piatti o cavi

Fig. 7.83
Riferimenti antropometrici rispetto al piano di Francoforte

Fig.7.84
Lettura della postura antero-posteriore

In condizioni di fisiologia, rispetto al filo a piombo, la metà dx e sx del capo e del corpo sono all’incirca uguali; orecchie , spalle e creste iliache sono alla stessa altezza dai 2 lati. Bisogna ricordare che un destrimane cade un po’ a dx rispetto al filo a piombo mentre il mancino cade un po’ a sx.
Le cose più importanti da osservare per l’odontoiatra:
1) la testa: centrata, spostata a dx o a sx, inclinazione, torsione
2) il bacino: centrato, spostato a dx o a sx, inclinazione, torsione
3) le ginocchia: diritte, vare o valghe
4) i piedi: retropiede diritto, retropiede valgo dx o sx, retropiede varo dx o sx

FATTORI CHE PREDISPONGONO LA PREVALENZA DELLE CATENE MUSCOLARI ANTERIORI

1) Piede piatto
2) Anchiloglossia (frenulo linguale corto)
3) Cicatrici anteriori
4) Malocclusioni di terza classe
5) Disturbi viscerali
6) Perdita di dimensione verticale occlusale

Esempio clinico di prevalenza statica delle catene muscolari anteriori.

FATTORI CHE PREDISPONGONO LA PREVALENZA DELLE CATENE MUSCOLARI POSTERIORI

1) Piede cavo
2) Spasticità idiopatica (all’origine della scoliosi
vertebrale)
3) Interposizione linguale anteriore (open byte)
4) Notevole attività sportiva con aumento del tono
muscolare delle catene posteriori
5) Aumento della dimensione verticale occlusale
6) Respirazione orale
7) Malocclusioni di seconda classe

Approfondendo le dinamiche delle catene muscolari a livello cervicale ritroviamo sia un sistema diretto anteriore (preposto alla flessione) che termina a livello dell’osso ioide, sia un sistema posteriore (preposto invece al raddrizzamento) che termina a livello del frenulo labiale (Fig. 7.87).

Fig.7.87
Catene anteriori e posteriori nel cranio superiore.

La normotensione, cioè l’equilibrio, dei due sistemi favorisce la centratura dell’osso ioide rispetto al mascellare superiore. In questa situazione la lingua, che si inserisce proprio sull’osso ioide, si trova ad occupare uno spazio coerente tra i due mascellari ed eserciterà la sua forza modellatrice sia sulle arcate dentarie che sulle strutture ossee adiacenti in maniera simmetrica. La prevalenza di un sistema sull’altro, favorirà invece l’intervento dei sistemi crociati e il conseguente disallineamento dello ioide  rispetto al mascellare superiore: a questo punto l’azione modellatrice della lingua  si eserciterà  di  conseguenza in maniera asimmetrica così concorrendo (in fase di crescita) a conformazioni della volta palatale e delle emimandibole diseguali come forma (Fig.7.88).

La mandibola, collegata al cranio ed alle  vertebre cervicali tramite la muscolatura faringea, seguirà l’atteggiamento  posturale tendendo a deviare  da  un lato, cosa che possiamo facilmente evidenziare per la non coincidenza dei frenuli labiali mediani. Tale disallineamento sarà sostenuto dall’attività asimmetrica degli pterigoidei esterni, espressione dei sistemi crociati: il  capo superiore dello pterigoideo si inserisce sul disco e lo sposta in avanti; il capo inferiore si inserisce sul condilo, predisponendo ad una latero-deviazione della mandibola  evidenziabile in tutti i movimenti della bocca. La posizione di occlusione manifesterà quindi un disallineamento dei frenuli, una classe dentale differente tra l’emiarcata dx e sx.

Fig.7.88
Rappresentazione schematica con visione occlusale e frontale di una bocca con costrizione dell’emipalato sx. Dall’alto si può osservare un avanzamento di tutti gli elementi dell’emipalato contratto (SX). Frontalmente si può osservare la deviazione della linea mediana superiore a sx ed inferiore a dx rispetto alla mediana del viso, e l’inclinazione del piano occlusale più alto a dx con una torsione mandibolare in chiusura da sx verso dx. A tutto ciò si aggiungerà una deviazione nel movimento di apertura della bocca.

Ricordiamo che il paziente disfunzionale presenta due peculiarità:
discinesia: è affetto cioè da un deficit di movimento dell’apparato stomatognatico.
– asimmetria: all’inizio solo della funzione (differente azione degli pterigoidei), successivamente anche della forma.

Esempio clinico: paziente con blocco ATM dx, troviamo attivato il capo superiore dello PTE dx che sposta in avanti il disco incarcerando il condilo. A sx è attivato il capo inferiore del PTE sx  che sposta avanti il condilo. Avremo pertanto che le linee mediane e i frenuli sono disassati con una deviazione dx della mandibola, asimmetria delle lateralità, più difficoltosa verso sx, che attesta l’ipomobilità  del condilo dx che nel tempo potrà sviluppare una degenerazione artrosica con appiattimento del capo articolare (Fig.7.89).  Quando un emipalato è contratto, la lingua è costretta a lavorare in torsione nei tre piani dello spazio, trascinando tutta la postura in torsione (Fig.7.91) Come abbiamo detto, la migliore postura è quella che si esprime con il massimo equilibrio, la massima armonia e la massima economia. Le alterazioni posturali e dinamiche dell’apparato stomatognatico, determinando complessi fenomeni neuromuscolari, possono ripercuotersi per via discendente su altri distretti del sistema locomotore, così come le patologie dei distretti sottostanti possono determinare conseguenze a carico dell’apparato stomatognatico (problematiche posturali ascendenti). Errori posturali, anche leggeri, possono con il tempo determinare prima disagi e poi patologie, in seguito a sovraccarichi, con degenerazione articolare (artropatie, meniscopatie), degenerazione dei tessuti elastici (tendinopatie, miopatie), intrappolamento di nervi ecc. Un allineamento scorretto della testa implica, dato il suo peso (oltre 4 kg in un adulto) e la sua posizione, compensazioni di tutto il corpo innescando potenzialmente un circolo vizioso di effetti perturbanti posturali ascendenti-discendenti.

Fig. 7.89
Latero deviazione mandibolare associata a compressione ATM dx, riduzione della dimensione verticale occlusale dx, torsione linguale e dello ioide.

Relazione tra bocca ed apparato extrastomatognatico

Una latero-deviazione mandibolare interferisce sul delicato equilibrio muscolare, causando in un primo tempo la sofferenza dei muscoli temporali, pterigoideo esterno omolaterale e pterigoideo interno controlaterale. Lo stato di sofferenza si trasmette in un secondo tempo al muscolo trapezio omolaterale e allo sternocleidomastoideo controlaterale. La testa si inclina dal lato della deviazione (che diventa spesso lato di preferenza nella masticazione), avvicinandosi alla spalla, che risulta più alta della controlaterale. In seguito si hanno assestamenti sul rachide cervicale e ripercussioni anche a livello toracico e lombare (scoliosi) fino ad arrivare al bacino che s’inclinerà, causando una dismetria degli arti inferiori evidenziabile nel soggetto supino (Fig.7.91).

Fig. 7.91
Relazione tra cross-bite monolaterale e adattamenti discendenti

Quando la masticazione monolaterale è associata ad un cross-bite a livello della zona canino-incisiva è possibile rilevare uno schema torsionale con dei carichi, podalici in statica , con peso maggiore omolaterale  al lato del cross. In genere si riscontra  un carico eccessivo a livello della testa del quinto metatarso omolaterale al cross.
Scopo di qualsiasi trattamento occlusale è il ripristino di un rapporto di simmetria. La simmetria fa parte del concetto di norma ideale, per  cui si ricerca la concordanza di linee mediane e frenuli, la specularità della parte destra con la sinistra ecc. Ma è possibile in realtà raggiungere questi rapporti? La funzione della bocca può favorire o meno l’instaurarsi della simmetria? Angle e successivamente Andrews hanno descritto le chiavi dell’occlusione e la simmetria che dovrebbe avere il rapporto tra le arcate. Nella clinica ci troviamo invece di fronte a situazioni di forma e funzione asimmetriche. Gli odontoiatri funzionalisti hanno interpretato l’origine della asimmetria nel rapporto occlusale attribuendone la responsabilità  soprattutto a due  fattori: a) postura linguale in rapporto alla postura corporea; b) masticazione inadeguata.

Questi sono solo alcuni esempi dei possibili adattamenti posturali secondari a problematiche occlusali. Bisogna anche considerare che esistono problematiche posturali primarie (scoliosi strutturali, esiti di ernie lombari o cervicali, esiti di fratture scomposte ecc.; vedi capitolo osteopatia). Tali problematiche se associate a bruxismo o serramento dentale  si riflettono a livello occlusale nel tempo seguendo gli stessi principi citati per le problematiche discendenti. Pertanto si avranno prima delle tensioni muscolari a livello oro facciale e successivamente delle problematiche articolari a livello occlusale dove per occlusale si intende il complesso ATM, parodonto, dente. Una mandibola, che in seguito a problematiche ascendenti, tende ad adattarsi  verso una posizione differente dalla primaria, svilupperà prima una discrepanza tra occlusione abituale e occlusione funzionale, che persistendo potrà evolvere verso una disfunzione ATM o verso problematiche occlusali riconducibili a trauma occlusale: fratture dentali, recessioni ossee ecc.

Relazione Centrica (CR) per noi detta occlusione funzionale, si dice quando parliamo di equilibrio tra mandibola (condili), cranio (fosse temporali) ed equilibrio muscolari in condizioni di riposo fisiologico. In questa condizione
– i denti non sono in contatto fra loro
– la lingua è appoggiata sul palato
– il sigillo anteriore è chiuso con i muscoli orbicolari in normotono
– si ha una respirazione nasale fisiologica.

La relazione centrica diventa Occlusione Centrica (CO) solo se la mandibola resta in equilibrio rispetto alle fosse temporali anche quando i denti vanno in occlusione abituale. Occlusione instabile: si definisce tale in tutti i casi in cui vi sia un’asimmetria strutturale e/o funzionale ove ci si trova davanti ad un paziente in cui l’occlusione abituale non coincide con l’occlusione centrica. La mandibola per poter raggiungere la massima intercuspidazione perde il suo rapporto ottimale fosse condili che abitualmente ha nello stato di riposo della relazione centrica (Fig.7.92).

Fig. 7.92
Precontatto dentale che devia l’occlusione

Il raggiungimento della stabilità occlusale riduce in modo asimmetrico  lo spazio verticale disponibile per la lingua. Quest’ultima assume una postura in torsione che si traduce in una torsione parallela dell’osso ioide. La torsione della lingua e dello ioide si trasmette al resto del corpo condizionandone un adattamento in compenso e trascinando tutta la postura in atteggiamento di “torsione” che vede alla fine un compenso in valgismo del tallone omolaterale all’emipalato contratto (Fig.7.93).  Questa postura di compenso segue degli schemi ben precisi se non vi sono sovrapposti altri problemi strutturali o traumatici.

Fig. 7.93
Relazione tra torsione mandibolare e postura. In caso di torsione mandibolare dx si può osservare una torsione della lingua e dello ioide, un’inclinazione della testa, un innalzamento della spalla a dx con la  relativa torsione del bacino e compenso podalico con  valgismo del piede sx.

Distinzione tra torsioni e dislocazioni mandibolari
Con un’asimmetria di struttura , che spesso si accompagna ad un’asimmetria di funzione, si ha una torsione di tutto il soma. Una torsione della mandibola provoca da un lato e si adatta dall’altro ad una torsione del cranio (ossa temporali) e  si abbina ad una torsione del cingolo scapolare e del cingolo pelvico con un valgismo del tallone omolaterale all’emipalato contratto. Questa situazione di torsione avviene lentamente e prevalentemente prima del picco di crescita adolescenziale e si mantiene accompagnandosi ad alterazioni delle funzioni stomatognatiche ed extrastomatognatiche (Fig.7.93).

Per dislocazione mandibolare, si intende uno spostamento della mandibola in assenza di asimmetrie delle strutture ossee. Lo spostamento è causato da fattori esterni (traumi, interventi odontoiatrici) facilmente reversibili se la causa viene rimossa in tempi brevi. Se invece la causa della dislocazione non viene rimossa, la dislocazione (acuta) si trasforma in torsione (cronica). Spesso è facile vedere una dislocazione mandibolare sovrapposta ad una torsione già esistente , spesso asintomatica ed ignorata dal paziente, aggravata da un intervento odontoiatrico che la rende sintomatica evidenziandola (Fig. 7.94).

Fig. 7.94
Esempio di paziente cresciuto in torsione mandibolare e posturale. Se davanti ad un paziente con problematiche torsionali l’odontoiatra compie delle riabilitazioni occlusali, anche di leggera entità, ma in conflitto con gli engrammi motori e funzionali sviluppati dal paziente, è facile rendere sintomatico e patologico qualcosa in precedenza ignorato sia dal clinico che dal paziente.

Dislocazioni mandibolari in seguito a problematiche ascendenti
I soggetti con danno organico ad un arto inferiore vanno incontro ad una torsione del corpo sull’asse posturale che si compensa in bocca sviluppando una masticazione monolaterale e controlaterale all’arto portante. Per arto portante si intende l’arto che lavora di più , sia da fermo , ma specialmente quando si cammina e si può osservare che l’arto più sano è anche più sviluppato muscolarmente. Non sempre l’arto portante in statica e quello in dinamica coincidono; un soggetto può utilizzare l’arto compromesso come bastone su cui appoggiarsi meglio quando sta fermo, mentre quando cammina sfrutta meglio quello sano il cui piede va meglio in pronazione e quindi può dare una spinta maggiore. In presenza di asimmetrie strutturali agli arti inferiori il paziente sceglie spontaneamente la masticazione controlaterale al lato portante, perché è quella che gli assicura una maggiore stabilità. Far masticare dal lato opposto a quello della masticazione abituale non modifica la torsione di base , anzi la peggiora quasi sempre.

Spesso capita che ci si trovi davanti a pazienti asintomatici che sono cresciuti in torsione sia per problematiche strutturali che craniali. Questi pazienti si sono adattati a queste torsioni ed hanno sviluppato un loro lato di preferenza masticatoria in armonia con la loro asimmetria. C’è anche da dire che questi soggetti hanno “imparato” a gestire tale torsione essendo cresciuti con essa.  Se per qualche ragione odontoiatrica, il paziente è costretto a masticare sul lato di non preferenza, potrà sviluppare un quadro clinico e sintomatologico di DCCM. Sarà sufficiente restituire la capacità masticatoria precedente, senza grosse riabilitazioni gnatologiche, per riportare a benessere il paziente.

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